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(Quasi) Due anni in Islanda

“Quello che dalla penisola scandinava si estende fino all’artico e alle regioni polari è un mondo incredibilmente vasto e variegato, un universo complesso fatto di popoli, lingue e culture […] talvolta estremamente diversi gli uni dagli altri.”

Iniziava così, con queste esatte parole, il mio primo articolo su questo blog: era l’estate del 2019, quella complessità e quella vastità io non le avevo ancora viste – e solo, forse, intuite – ed ero da poco arrivato in Norvegia dove sarei rimasto per qualche mese prima di prendere altre vie, verso le Isole Faroe, prima, e verso l’Islanda, poi.

La mia storia d’amore, se così si può definire, con l’Islanda era però iniziata già la primavera prima, quando reduce da una primissima fallimentare esperienza in Norvegia giunsi per la prima volta a Reykjavík. Non credo di poter affermare si sia trattato di amore a prima vista: quel primo soggiorno in Islanda non durò che qualche settimana e se nel corso dello stesso anno avrei poi fatto ritorno in Norvegia ben cinque volte ( a altrettante nelle Isole Faroe), dovettero passare qualcosa come quindici mesi prima che io mi decidessi a dare all’Islanda una seconda chance di farmi innamorare. Partii così l’inverno seguente, nel 2019, con l’intenzione di restarci tutto il tempo necessario affinché ciò accadesse.

Dovette però scattare qualcosa nel corso di quei tre mesi passati nella campagna appena fuori Akureyri, nel nord del Paese, perché una volta rientrato in Italia mi sorpresi più volte a fantasticare attorno all’idea di farvi presto ritorno e, se le cose lo avessero permesso, magari di trasferirmici cosa che avrei fatto solo qualche mese più tardi.

A distanza di (quasi) due anni, ancora non so esprimere a parole cosa mi abbia davvero fatto innamorare di questo posto, ma per fortuna ci sono le fotografie.


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